giovedì 29 dicembre 2011

Sul nuovo governo

La Corte dei Conti chiede di ripristinare il reato penale di falso in bilancio che il falsario di bilanci di Arcore ha depenalizzato per salvare sé, i suoi dipendenti civili, politici e militari, favorendo come sempre  la corruzione e l’evasione fiscale. Ora Monti, il puro, che fa? Si gratta gli occhiali o firma la Convenzione europea contro la corruzione e nel contempo ripristina il falso in bilancio come reato penale e societario?  Se Monti continua a fare lo gnorri, Dio lo perdoni, se può, ma noi lo condanniamo e lo mandiamo in Cirenaica a cavar pietre con le mani ignude.

mercoledì 28 dicembre 2011

Storie (tristi) di donne


Stefania Noce, 24 anni, è stata uccisa ieri a Licodia Eubea (Catania). È la novantratreesima donna, dicono, a subire una violenza di questa gravità, in Italia, nel 2011. Una giovane studentessa impegnata e militante, alla faccia di chi crede che queste cose succedano solo in ambienti da Divorzio all'italiana.
I suoi compagni e le sue compagne del Movimento Studentesco Catanese hanno allestito una bacheca virtuale per ricordarla. Pare che l' assassino fosse l' ex fidanzato.

martedì 27 dicembre 2011

LA BANALITÀ DEL BENE



Che cosa fareste con 50mila euro?
La Nato sa bene come spenderli: è il costo di una sola bomba GBU-31, una delle decine di bombe che ogni notte vengono sganciate in Afghanistan.
Anche Emergency sa bene come spenderli: negli scorsi mesi, con quei soldi, abbiamo costruito e equipaggiato due posti di primo soccorso nel sud dell’Afghanistan, che lavorano a pieno ritmo per curare le vittime di attentati, combattimenti e bombe GBU 31.
E sapete quanto abbiamo speso, in quel Paese, negli ultimi dieci anni? Quello che l’Italia spende in 60 ore diguerra. Una guerra schifosa, una guerra che non abbiamo nemmeno il coraggio di chiamare con il suo nome. Una guerra che i cittadini sono stati costretti a finanziare: ci hanno sfilato i soldi dalle tasche, usando le nostre tasse per tenere l’Italia in guerra, alla faccia dell’articolo 11 della nostra Costituzione. Una guerra che, ci hanno detto, avrebbe portato pace, democrazia, diritti. Balle. Come è meglio spendere 50mila euro, per distruggere o per curare?
Noi non abbiamo dubbi. Dal 1999 lavoriamo in Afghanistan, dove abbiamo curato più di due milioni di persone.
Nei nostri Centri chirurgici per vittime di guerra, i feriti continuano ad aumentare ogni anno. Zone sempre piú ampie del Paese sfuggono a ogni controllo del governo centrale. In dieci anni, secondo le Nazioni Unite, è diminuita l’aspettativa di vita dei cittadini afghani, mentre il resto è aumentato: i feriti, i mutilati, l’analfabetismo, la mortalità materna, quella infantile.
Dove sono i diritti? Dov’è la pace? Dov’è la democrazia?
E che cosa sarebbe successo, invece, se i soldi che ci hanno rubato per fare la guerra fossero stati investiti in ospedali, scuole, strade, posti di lavoro? Forse avrebbero portato, questa volta per davvero, la pace, la democrazia, i diritti.
Ma la guerra, e lo sperpero dei nostri soldi, non è solo un problema “di là”, oltre l’oceano. È anche qui. Voi come spendereste 14 miliardi di euro?
L’Italia lo sa bene: con i soldi delle nostre tasse, compra 131 cacciabombardieri. Chissà come si intende far fruttare l’investimento. Chissà chi abbiamo intenzione di bombardare.
Anche Emergency saprebbe come spendere quella immensa massa di soldi: ospedali pubblici puliti e efficienti. Scuole pubbliche di qualità. Pensioni dignitose. Posti di lavoro per i precari. Banale, eh?
Molto banale, lo ammetto.Ma sono sicuro che i cittadini italiani, tra un cacciabombardiere e un ospedale, tra un missile subacqueo e un insegnante di sostegno, tra un mortaio e un asilo nido, sceglierebbero la banalità.

Gino Strada

IL MALE di Vauro e Vincino 

The good news


Renato Brunetta “licenziato” per assenteismo: brutto colpo per il ministro anti-fannulloni. Così attivo da essere soprannominato «fantuttone» da Francesco Merlo, impegnatissimo nel suo (coccolato dal premier) ruolo di anti-Tremonti, dedito a corrispondenze letterarie con l’Europa, il titolare della Pubblica Amministrazione ha trascurato il suo ruolo di consigliere municipale a Venezia.

Incarico minore ma con una sua dignità. Così, scocciati per la sedia troppe volte vuota, i suoi ex promotori hanno cambiato il nome del gruppo consiliare: da Lista Brunetta al meno compromettente «Lista civica impegno per Venezia, Mestre, isole».

È la parabola del ministro debordante. Contro i precari, contro i dipendenti pubblici, contro la sinistra, contro tutti. Tranne Silvio. Si candidò a sindaco in Laguna per il dopo Cacciari, fu sconfitto dal rivale meno pirotecnico Orsoni, ne ebbe a male. Aveva giurato che l’eventuale doppio incarico non avrebbe pesato sul suo rendimento, ma non è stato in grado di - o non ha voluto - mantenere la promessa. Ed è stato “espulso”. Quantomeno a livello simbolico.

Ad annunciare il cambio di nome è una nota firmata da Stefano Zecchi, capogruppo del Pdl: «Decisione assunta considerando con rammarico l'assenza dalle iniziative relative al lavoro del consiglio comunale dell'ispiratore e animatore della Lista originaria, nata per affrontare le elezioni del 2010 a sindaco di Venezia». A Brunetta, per giustificare le assenze, non resta che presentare un certificato medico. On line ovviamente.

domenica 25 dicembre 2011

Trenitalia


La carrozza è stracarica
ma per salire si paga la multa
Il taglio dei treni per il Meridione crea disagi a raffica. I vagoni sono strapieni, e i biglietti esauriti. Ma - come è successo il 22 e il 23 alla stazione di Bologna - se proprio si vuole salire sul treno, basta pagare 50 euro  di sovrattassa e stringersi come sardine

Pagare 100 euro per un biglietto che ne costa 50. Ritenersi fortunati, perché in qualche modo si riesce a salire sul treno, pronti per un altro “viaggio della speranza”. Bologna, Stazione centrale. Sono le nove di venerdì sera e il "751" Bologna-Lecce è pieno come un uovo, fermo al binario 7. Valige, cappotti, freddo, una lunga notte davanti. L'unica carrozza che ha i posti a sedere – le altre sei sono destinate alle cuccette – è il miraggio dei viaggiatori. I più fortunati hanno prenotato una delle 72 poltrone disponibili. Gli altri si sono accaparrati uno dei 15 posti in piedi “tollerati” lungo il corridoio. In molti, invece, aspettano fuori, non hanno il biglietto ma cercano di partire. I controllori potrebbero dire che non c'è posto, che non c'è nulla da fare. Invece no, ecco l'escamotage: “Vuole salire? Allora, lei mi paga i 50 euro del biglietto più 50 euro di soprattassa e io la faccio entrare”, spiega un controllore. “Come se avessi preso una multa?”, chiede stizzito un signore. “Esatto. Ecco la ricevuta”.

Una multa prima di salire sul treno, a terra. Come condizione per viaggiare. Un rincaro del 100% sul costo iniziale del biglietto. Una pratica che va avanti da giorni: giovedì, a mezzanotte, Trenitalia ha dovuto chiamare ben due volte la Polizia ferroviaria. Famiglie, anziani e bambini chiedevano di salire sull'ultimo treno-notte per Lecce, il “757” delle 23.57. Un assalto alla diligenza, l'ultima possibilità per partire. Qualcuno minacciava denunce, “non potete fare una cosa del genere, 100 euro per stare in piedi!”. Altri facevano collette per pagare i biglietti maggiorati. Ben sessanta passeggeri, solo a Bologna, sono saliti in questo modo, pagando 100 euro invece di 50 per un posto in piedi, magari vicino al bagno. Sessanta persone: quasi una carrozza in più. Otto ore di viaggio. Dormiranno per terra o sui portapacchi del corridoio, stipati e infreddoliti. Dopo aver dovuto accettare una “multa” sulla banchina. “In barba a tutte le norme di sicurezza ma anche alla civiltà”, dice sconsolato un operaio.

E la stessa cosa è successa venerdì. Prima, per salire sul treno-notte delle 21. Poi, ancora una volta a mezzanotte. Con gli agenti della Polfer costretti a intervenire di nuovo per calmare gli animi. Alle 23.57, però 30 persone restano a terra. Se fossero state 50, ci sarebbe stato un pullman in Autostazione ad aspettarli, per andare a Lecce. Ma erano in 30, il bus non si sarebbe riempito ed è stato annullato.

Secondo Trenitalia, “non è successo niente di particolare. Chi sale senza biglietto deve pagare una maggiorazione di 50 euro”. Si, ma a bordo, non a terra. “E perché? Più chiari e corretti di così”... I posti in piedi, di regola, non dovrebbero essere più di 15, “ma è il capotreno che giudica se una carrozza è pericolosa o meno”.

“Invece di potenziare i treni per le festività, in particolare quelli a lunga percorrenza, i convogli vengono ridotti. Si prevede un taglio del 60% sulle vetture. Dal 13 dicembre viviamo nel caos, ogni sera è la stessa storia, un incubo. Io non ci dormo la notte a vedere come sono costretti a viaggiare i passeggeri. E questo metodo mi ha ferito veramente”, ammette un dipendente di Trenitalia.
I “Bologna-Lecce” ogni sera sono quattro (fino a qualche fa erano almeno il triplo, durante tutta la giornata), uno ogni ora dalle 21 a mezzanotte. Solo sette carrozze. Solo una per i posti a sedere. Non basta mai. Da "Repubblica"

Mia madre è caduta ancora. Speriamo non si sia fatta nulla. Sono triste e pubblico una storia triste, anche se è Natale!

Benham Ganji, 22 anni, e Nahal Sahabi, 28, si sono uccisi a Teheran con un'overdose di farmaci. Due vite spezzate da un regime che non ammette alcun tipo di opposizione. 
È la sera del 31 luglio scorso. La polizia bussa a casa di Benham: cercano il suo coinquilino Kouhyar Goudarzi, attivista per i diritti umani, ma prelevano anche lui. Vengono imprigionati nel carcere di Evin, dove Benham resta 8 giorni. In cella finiscono anche sua madre e Nahal, ostaggi che possano convincerlo a parlare e ad accusare l'amico. Kouhyar e Benham vengono torturati, violentati. 

Non si sa se Benham alla fine ceda, ma alla fine esce di prigione. Anche Nahal torna a casa e come prima cosa cerca di riabbracciare il fidanzato, ma si trova davanti un uomo distrutto, che non esce più di casa, non parla con nessuno. Il primo settembre Benham beve un cocktail di farmaci. Nahal resta sola: gli amici la abbandonano per paura di ritorsioni.
Il 28 settembre si arrende anche lei. «E allora vieni Benham, è di nuovo giovedì, balliamo di nuovo in questo giovedì», scrive sul suo blog, prima di avvelenarsi. Ora la Rete li piange, mentre i comitati per i diritti umani si interrogano sulla fine di Kouyar. Di lui non si sa più nulla.

Dove vorrei essere adesso

Al mare!

venerdì 23 dicembre 2011

Addio



Praga  in silenzio per il presidente Havel
Ventun colpi di cannone sono stati sparati dalla collina di Petrin di fronte al castello, per salutare l'uomo che traghettò la Cecoslovacchia fuori dal comunismo. Il corpo sarà cremato e le ceneri deposte nella tomba di famiglia dopo natale. Papa Benedetto XVI: "Leader visionario, padre di democrazia.

PRAGA - Un paese intero si è fermato nel minuto di silenzio, i Grandi del mondo sono venuti a Praga alla solenne cerimonia, la gente ha riempito piazze e strade raccogliendosi composta per l'ultimo saluto, Piazza San Venceslao era un mare di candeline. E'stato così, un evento mondiale rilanciato dai tv networks e da internet ovunque, l'addio a Vaclav Havel (è morto nel sonno domenica scorsa a 75 anni ) nella splendida capitale cèca. L'intellettuale che scelse l'impegno politico, l'eroe e martire dell'opposizione alla dittatura neostaliniana, poi padre della 'rivoluzione di vellutò del 1989 e presidente della Cecoslovacchia tornata alla democrazia e poi della repubblica cèca, ha ricevuto un omaggio mondiale, quasi come un Karol Wojtyla laico.

La segretario di Stato Usa Hillary Rodham Clinton e il marito ex presidente Bill, il premier britannico David Cameron e il presidente francese Nicolas Sarkozy, l'ex leader della rivoluzione polacca, capo di Stato e Nobel per la pace Lech Walesa, i principi ereditari d'Olanda e del Belgio, il presidente della Commissione europea José Manuel Durao Barroso, statisti e dignitari da ogni parte del mondo sono venuti a Praga, e hanno partecipato

alla grande cerimonia nel duomo di San Vito, la splendida cattedrale gotica nel Castello che domina la Città d'oro.

E' arrivato, assolutamente insolito, anche un messaggio del Papa. Benedetto XVI ha lodato il laico Havel come "il visionario coraggioso a cui il suo popolo deve la riconquista della libertà". La Filarmonica di Praga, il cui direttore guida abitualmente l'orchestra sinfonica della Bbc, ha eseguito il Requiem di Antonìn Dvorak. L'arcivescovo di Praga, Dominik Duka, ha ricordato officiando la messa come "l'insegnamento di Havel, il suo slogan secondo cui 'verità e amore devono vincere su menzogna e odio', è sempre attuale per tutti". L'ex segretario di Stato Usa, signora Madeleine Albright, parlando in cèco sua lingua d'origine, ha ricordato Havel come 'uno dei grandi del nostro pianeta'. Sarkozy ha ricordato Havel, "non dimentichiamo il suo messaggio: vale la pena di battersi per ciò in cui si crede". Al suo fianco, triste e scuro in volto, c'era anche l'attore Alain Delon, che conosceva da tempo Havel.

A mezzogiorno in punto, tutto il paese si è fermato nel minuto di silenzio, anche treni, autobus, tram e auto della polizia, e hanno suonato le campane di tutte le chiese e le sirene d'ogni fabbrica. A conclusione, la Filarmonica ha suonato l'inno nazionale, "Dov'è il mio paese, le cascate e le foreste, le montagne e i giardini fioriti", e l'artiglieria dell'esercito ha sparato 21 salve di cannone. Poi i soldati hanno portato fuori la bara, avvolta nel tricolore cèco. La folla enorme l'ha accolta con un applauso commosso, e molti facevano tintinnare i mazzi di chiavi, come si faceva nelle manifestazioni contro la dittatura nell'89 per chiedere di aprire le prigioni. La vedova, la giovane moglie Dagmar Havlova, e i familiari hanno accompagnato il feretro al crematorio. A sera, è stato anche allegro il saluto estremo all'eroe-statista che amava il rock: alla Lucerna, il palazzo nel centro di Praga, si è tenuto un concerto rock. Ospite d'onore il gruppo rock cèco Plastic people of the universe: quando fu proibito dalla dittatura, Havel reagì fondando Charta 77, il movimento del dissenso. (ha collaborato Petr Pisa)
(23 dicembre 2011) da "Repubblica"

giovedì 22 dicembre 2011

Tra poco la mia caposala va in pensione!

Sulla mobilità sostenibile Italia bocciata su tutti i fronti


Da " Repubblica"
Il rapporto 2011 di Euromobility: tante possibilità ma progetti ancora in fase embrionale. Poche le auto e le bici 'condivise' tra i cittadini, mentre in Europa si investe su queste alternative. E così nel nostro Paese le polveri sottili uccidono ottomila persone ogni anno
di ANTONIO CIANCIULLO
Car sharing a Bologna (fotogramma)
CAR SHARING, bike sharing, mobilità alternativa. Se i problemi del trasporto pubblico potessero essere risolti con le parole, l'aria delle città italiane sarebbe pulita come quella degli alpeggi: l'offerta è varia e abbondante. Ma se si va a verificare cosa c'è dietro il lifting verbale arriva la sorpresa. A Roma le auto condivise (car sharing) sono 105 per 2,7 milioni di abitanti: difficile immaginare che, con tutta la buona volontà, possano essere una soluzione per il traffico. Sempre a Roma le biciclette condivise (bike sharing) sono 120, sempre per 2,7 milioni di abitanti.


"Con questi numeri come aspettarsi una soluzione ai problemi?", si chiede Lorenzo Bertuccio, direttore di Euromobility, l'associazione che ha curato l'edizione 2011 dell'indagine sulla mobilità sostenibile 4 nelle principali 50 città italiane.

Una classifica che vede un gruppo di testa formato da Torino (che tuttavia non riesce a mantenere l'aria abbastanza pulita da rispettare la legge), Venezia, Milano, Brescia e Parma.

Insomma il Nord vince la gara, ma è una gara priva di eccellenze. Perché nessuno ha creduto realmente in una sfida che nel centro Europa trova investitori disposti a scommettere: trasporto pubblico decoroso ed efficiente, spazio alle bici, sostegno ad auto a basso impatto ambientale, conti in pareggio grazie al road pricing.

Gli organizzatori dello studio fanno notare che a Bruxelles ci sono 2.500 bici collettive con 180 stazioni, a Parigi oltre 20.000 bici con 1.800 stazioni, a Lione 4.000 con 340 stazioni, a Barcellona oltre 6.000 bici con 428 stazioni, a Siviglia 2.500 bici con 250 stazioni, a Londra oltre 6.000 bici con 400 stazioni. In Italia solo a Milano dispone di un numero con 4 cifre: 1.400 bici.

E non va meglio con il car sharing. A Bruxelles ci sono 227 auto per 140.000 abitanti. A Brema (Germania) 167 auto per 547.000 abitanti, a Monaco 345 auto per 841.000 abitanti. Ecco i numeri del car sharing in Italia nel 2010: 113 a Torino, 105 a Roma, 86 a Milano, 73 a Genova, 47 a Venezia, 36 a Palermo. Sembrano flotte aziendali, più che un parco auto cittadino.

Difficile poi, se sommiamo a questi dati i tagli progressivi e drastici al servizio pubblico, stupirsi del fatto che viviamo in città in cui  -  secondo i dati Oms  -  ci sono più di ottomila morti anno solo per le polveri sottili, e solo nelle principali 13 metropoli. Appena 19 città sulle 50 esaminate sono in regola per le PM10.

Anche i mobility manager non aumentano rispetto all'anno precedente: solo 41 le città in cui è presente almeno un mobility manager. Mancano a Campobasso, Cagliari, Catanzaro, L'Aquila, Latina, Pescara, Livorno, Sassari e Taranto.

Il rapporto esamina anche la qualità dell'aria delle città italiane per quanto riguarda le polveri sottili. Ancona ha registrato il maggior numero di superamenti (140 rispetto ai 35 consentiti), seguita da Torino (131). La media annuale di PM10 più elevata si è registrata a Torino (50 microgrammi al metro cubo, superiore al limite consentito di 40), seguita da Ancona (48,4) e Napoli (48.0). L'aria più buona si respira invece a Genova, dove si sono registrati solo 5 superamenti, e a Potenza, che ha una media annuale di 22 microgrammi al metro cubo.

"I cittadini spesso si dimostrano più maturi dei loro amministratori: l'83% è ad esempio convinto che la diffusione del bike sharing può essere un valido contributo alla riduzione del traffico e dell'inquinamento in città e circa l'80% vorrebbe una flotta di biciclette anche nella propria città", osserva Riccardo Canesi, presidente di Euromobility.

Facebook


IL SONDAGGIO  da "repubblica"

"Sei triste e fai troppa politica"
Così finisce l'amicizia su FB

Una ricerca indaga sui fattori che influenzano gli utenti dei social network ad accettare o cancellare qualcuno dai propri contatti. Il fattore più importante è la conoscenza nella vita reale. L'attrazione fisica conta poco, mentre incidono l'argomento e il tono dei commentidi ANTONELLO CHINDEMI

ROMA - Essere o non essere amici su Facebook, questo il dilemma. A sgomberare il campo da dubbi e incertezze ci ha pensato con un sondaggio la NM Incite, società di ricerca fondata dalla Nielsen e dalla McKinsey, tra le più influenti nella raccolta dati e consulenza marketing. Perché possiedi un account su Facebook? Perché aggiungi o rimuovi amici? Queste alcune delle domande a cui il gruppo di ricerca ha sottoposto circa duemila persone, tutte maggiorenni, selezionate tra smanettoni incalliti e fedelissimi fan del social network più famoso del mondo.  

I principali motivi per cui aggiungiamo un nuovo utente alla nostra friend list sono, come prevedibile, la conoscenza reale della persona (82%) e l'esistenza di amicizie comuni (60%). L'11% delle volte le amicizie virtuali sbocciano per motivi di lavoro, vale a dire tra colleghi o tra persone che intendono creare un rapporto lavorativo. La vera sorpresa dell'indagine, però, arriva in fatto di sex appeal. Inutile mostrarsi in bacheca in pose sexy con sguardi languidi e abiti succinti. Il radicato luogo comune secondo il quale Faceboook è la miglior riserva di caccia per latin lover è falso. L'attrazione fisica, ci dicono i ricercatori della NM Incite, influisce soltanto per l'8 per cento nel determinare il nuovo rapporto di amicizia virtuale. Nella parte più bassa della classifica, infine, troviamo l'incremento delle proprie conoscenze e la qualità delle foto nella bacheca del nuovo conosciuto (7%). Fanalino di coda il contatore dei contatti dell'utente (4%). 

Interessante anche scoprire i motivi per cui le network amicizie finiscono. Anche in questo caso la scarsa conoscenza reale della persona e la pubblicazione di commenti offensivi guidano la classifica pesando rispettivamente il 41% e il 55%. Il 36% delle volte, però, la rottura avviene perché un utente ha tentato di vendere qualcosa all'altro. Insomma, Facebook non è un market place, se avete bisogno di smerciare qualcosa meglio rivolgersi a eBay. Ma ancora, evitate il social network se siete depressi. Il 23% delle volte si tronca un'amicizia perché non si sopportano i commenti tristi lasciati in bacheca. Attenti anche a non esagerare con la politica: è al sesto posto tra i motivi di rottura, subito dopo la mancanza di interazione. Neanche modificare troppo spesso il proprio profilo aiuta a mentenere i rapporti (6%), mentre modificarlo raramente è quasi ininfluente (3%).

Tirando le somme il modo migliore per arricchire la propria rete sociale virtuale è curare quella reale. Soprattutto in considerazione dell'altro aspetto su cui fa luce il sondaggio: l'utilizzo che gli utenti fanno di Facebook. L'esigenza di rimanere in contatto con la famiglia (89%) e la voglia di ritrovare vecchi amici (88%) guidano la classifica. Segue la curiosità di cercare nuove conoscenze (70%). Gli utenti a caccia di prodotti e servizi utilizzano il social network per leggere i feedback di altri utenti e raccogliere informazioni prima di un acquisto. Per quanto riguarda, invece, l'intrattenimento e gli stili di vita, il 47% degli utenti si collega a Facebook per giocare, il 35 per seguire qualche celebrità e il 16 per trovare l'anima gemella.

 
(21 dicembre 2011)

mercoledì 21 dicembre 2011

Padania: dal sito di Massimo Donadi


LA PADANIA SI RIBELLA, COME FECE PAPEROPOLI

Garibaldi disse "Obbedisco!". Sarà anche per questo che Bossi invita i cittadini del Nord alla disobbedienza civile, a non pagare l’Imu. Ma attenzione, non sarà una decisione presa a cuor leggero, frutto delle elucubrazioni di politici saggi e illuminati come Bossi, Calderoli, Castelli, Maroni, Borghezio.No, sarà molto di più, sarà un atto parlamentare.
Del parlamento Padano naturalmente. Lo annuncia la prima pagina della Padania di oggi. Grandioso, una rivolta ratificata da un parlamento. Un caso più unico che raro, anche se non mancano precedenti storici. Vorrei ricordarne qualcuno: nel 2000, il comune di Paperopoli rifiutò di riscuotere e versare alla regione Calisota l’imposta sui depositi di denaro. Qualcuno disse che dietro quel rifiuto ci fosse nientemeno che Paperon Dé Paperoni, ma si tratta solo di dicerie messe in giro dalla stampa ladrona, comunista, fascista e antifederalista. Come dimenticare, poi, la rivolta del villaggio dei Puffi contro l’asfissia statalista del tiranno Gargamella, che, tra l’altro, dicono alcuni deputati leghisti che conosco, assomiglia molto al ministro della coesione territoriale Fabrizio Barca? C’è anche un precedente storico, quello di Asterix e Obelix, che, veri galli-celti-padani-protoleghisti, combatterono Roma Ladrona. Secondo gli storici padani, il loro limite fu che non riuscirono mai a farsi eleggere in parlamento e quindi non ottennero il potere necessario per affrancarsi davvero dall’oppressione.
Come dimostrano questi esempi, la Padania esiste, ha solide radici storiche, politiche, culturali. Ce lo spiega con parole chiare il deputato Buonanno: "La Padania? Certo che esiste, altrimenti non esisterebbe il Grana Padano. Perché il grana padano si chiama così e perché esiste il Gazzettino Padano? Se c'e' questa terminologia significa che la Padania esiste se la Rai che e' romanocentrica ha dato questo nome a una trasmissione significa qualcosa o no?. Senza la Padania l'Italia sarebbe già in Africa e poi non c'e' dubbio che la Padania ha un suo ceppo etnico che ha portato grande benessere a tutti. C’è anche un’identità gastronomica: ma lo vogliamo dire che in Padania si mangia bene? Al Sud si dimenticano di tutto il resto. Mangiano e basta". Più chiaro di così…

Umorismo involontario: Formigoni cerca nuovi elettori

martedì 20 dicembre 2011

Merry Christmas!


BENEDETTA ARGENTIERI , Corriere della Sera

ATENE- La voce di Elvis che canta White Christmas rimbomba per tutta la strada a pochi giorni dal Natale. Di fianco le casse un bambino di sei anni si dimena in un piumino che è troppo grande per la sua età, con un dito indica lo scaffale di caramelle in un negozio che svende tutto. La madre gli accarezza la testa e guarda altrove. Questo non è il momento dei regali. Perché Atene non è in festa.



UN SET DI UN FILM- La città affronta il periodo come se fosse un supplizio per non essere in grado di celebrare alcunché. L’ennesima umiliazione dopo essere stata strangolata dai debiti, dai tagli e dalle tasse. E dalle richieste della Troika. Il Comune prova a far dimenticare la crisi, le violenze, la povertà. Ha piantato un albero poco addobbato in mezzo a piazza Omonia, assediata da criminalità e prostituzione. Sotto, un presepe che di notte viene usato dai clochard come rifugio. Ha fissato le luminarie a Kolonnakis, quartiere dello shopping di lusso, ma tra i negozi vuoti, seppure con sconti che arrivano al 70 per cento, e quelli chiusi sembra il set di un film che racconta una vita che non c’è più. Migliaia di persone passeggiano, in quello che dovrebbe essere l’ultimo sabato di shopping prenatalizio, senza avere sacchetti in mano. Senza un sorriso. Non si fermano nemmeno davanti alle vetrine a indicare l’oggetto del desiderio. L’apparenza, così cara ai greci, non conta più. Affollano i caffé. Ma quello di sedersi a un tavolino a parlare della situazione economica, sembra oramai l’unico vero lusso che si possono permettere.
I TAGLI DELLE FAMIGLIE- Gli altri si arrangiano come possono, fanno di tutto per far quadrare i conti. «I regali? Li ho fatti solo ai miei nipoti in un bazaar. Ho speso circa 70 euro». George, 59 anni tassista, sorride dietro ai folti baffi grigi, guardando nello specchietto retrovisore. Guadagna la metà rispetto al 2009 e intanto il costo della vita è raddoppiato. Ci sono sempre nuove tasse da pagare e aumenti inaspettati. Si taglia dove si può. Così la maggior parte dei palazzi ha spento il riscaldamento centralizzato perché «in troppi non pagavano». Le famiglie utilizzano stufe elettriche e fornelletti. La nuova trovata del governo è quella di inserire nelle bollette la quarta tassa sulla casa. E se non si paga staccano la luce. «E’ incostituzionale, per questo ci siamo rivolti a un giudice», spiega George Papadatos, libraio di Monastiraki. Indicando i 600 euro in più sul conto dell’elettricità. I lunghi capelli argentati gli incorniciano il viso. Stanco e provato. George colleziona volumi antichi e spulciando nel suo negozio si possono trovare vere rarità. «Non è proprio un mestiere con cui si diventa ricchi». In un giorno è riuscito a vendere 35 euro di merce. Lo spettro della rassegnazione adombra gli occhi che un tempo dovevano essere pieni di vita. «Mai mi sarei immaginato di trovarmi a 69 anni in questa situazione». Ogni mattina apre alle 8 e chiude alle 10 di sera. «Non si sa mai qualcuno volesse fare un regalo». Quattordici ore di lavoro che condivide con la moglie e il figlio di 23 anni. Ed è proprio parlando di lui che il tono della voce si fa ancora più grave:«Quella dei giovani è la tragedia della Grecia».


                   
«LA TRAGEDIA DEI GIOVANI» - Il 40 per cento dei ragazzi tra i 18 e 30 anni è disoccupato. In molti lavorano gratis. Cercano di arrotondare facendo, bene che vada, i camerieri. Chi può scappa, lascia il Paese. Si parte per la Germania, la Svezia. Davanti all’ambasciata australiana per giorni in centinaia si sono messi in coda: si cercano medici da “importare” a Sydney. Per chi rimane è la desolazione. “Vorrei abbandonare tutto ma mio padre sta male. E anche se non ho un lavoro, la mia famiglia mi ha chiesto di rimanere”. Pablo ha 23 anni, si è laureato con il massimo dei voti all’Università di Atene in Economia. “Farei qualsiasi cosa, non si trova nulla, nemmeno per le consegne a domicilio perché non c’è niente da consegnare”. Frustrazione e rabbia si mescolano in un cocktail che in molti ritengono possa diventare pericoloso. “Perché da qualche parte questa molla deve essere scaricata”.


Centinaia i cartelli Affitasi sui palazzi
CRIMINALITA' E DISOCCUPAZIONE- Così sopravvivere da queste parti non è facile. «Almeno 30mila negozi hanno chiuso solo in centro. Per intenderci uno su tre. I suicidi sono aumentati del 40 per cento. Il 20 per cento delle persone ha perso il lavoro. Altrettante vivono sotto la soglia di povertà», Greg Chrisohidis, fotografo 39enne dai lunghi capelli corvini, snocciola le cifre che vengono ripetute sui giornali. I numeri possono essere asettici, «ma questa è macelleria sociale». E le ricadute si vedono dovunque, anche in Pireus street, dove migliaia di greci si mettono in fila per un pasto da portare via in un sacchetto azzurro. Si vedono camminare per le strade del centro che oramai è stato diviso tra bande e immigrati che pensavano di trovare lavoro in Europa. E invece sono costretti a rimanere in Grecia. Senza un lavoro. Si sono spartiti il territorio dello spaccio e della prostituzione. Una dose di eroina, così come qualche minuto in compagnia, costa cinque euro, la stessa cifra che si paga per due souvlaki (spiedini). E quando cala la sera non c’è greco che possa passare indenne da queste vie. La criminalità (al 9 per cento nel 2009) è raddoppiata in due anni. Le strade male illuminate rendono il centro poco papabile per turisti e uomini d’affari. Con il risultato che migliaia di compagnie hanno abbandonato i loro uffici e almeno 18 alberghi intorno a Omonia hanno chiuso. Il cuore di Atene ha smesso di battere con questo esodo.
C'È CHI TIFA PER IL DEFAULT - «Se continuiamo così nemmeno il turismo ci salverà», sottolinea Christos Zafeiropoulos. Le sue speranze sono riposte negli stranieri visto che ha deciso di aprire un ristorante sotto l’ombra del Partenone. «Non pago i dipendenti da due mesi. Ma continuiamo a lavorare tutti i giorni». Per rientrare dai costi dovrebbe fare almeno 40 coperti tra pranzo e cena. Se arriva a dieci è «fortunato». Tiene duro, «per la mia famiglia e per i lavoratori». Certo è che a pensare alle feste, la prima cosa che viene in mente è il 2012. L’annus horribilis. L’anno della svolta. Lui tifa per il default. «Torniamo alla Dracma per non essere più schiavi dei tedeschi». E come lui centinaia di giovani. «Chiunque dica una cosa del genere o è un pazzo o un giocatore d’azzardo». Stathis Anestis, segretario generale del sindacato Gsee, è seduto nel suo ufficio in un palazzo coperto da uova di vernice lanciate durante una manifestazione. Scuote la testa, mentre sfoglia il rapporto sul suo Paese. «Siamo tornati a vivere nelle stesse condizioni del ’65, non siamo mai stati così male». Eppure le avvisaglie c’erano. «Sì, ma non ci abbiamo creduto. Ora bisogna ricominciare a crescere. Perché il paracadute delle famiglie non può durare a lungo». In molti casi non funziona già più. Un gruppo di studenti fuorisede dell’Università di Atene canta nella speranza di strappare un sorriso ai passanti. E, neanche a dirlo, qualche spicciolo. Il cestino è quasi vuoto. E’ il Natale ai tempi della crisi. E’ il Natale 2011 ad Atene.

Da "Repubblica"


Caserta, il boom delle "paritarie"
per ogni scuola pubblica due private

Viaggio nella provincia che detiene il primato nazionale degli istituti paritari: quasi quattrocento contro i 217 statali. Ma dietro a questo successo c'è spesso un segreto inconfessabile: buste paga in ordine ma in realtà stipendi al nero di poche centinaia di euro. E i prof ci stanno un po' per paura e un po' perchè è l'unico modo di fare punti per i concorsi.

Caserta, Santa Maria Capua Vetere, Capua, Aversa. Un interminabile serpente di case e palazzi. Traffico caotico ma vivace. Lungo i chilometri d'asfalto decine di cartelloni pubblicitari: istituto paritario... scuola materna e primaria. Istituto paritario... recupero anni scolastici, dalla primaria al diploma. “La provincia di Caserta vanta il record nazionale delle scuole paritarie – spiega Enrico Grillo, segretario provinciale della Cgil Scuola, il nostro chaperon nel viaggio alla scoperta di questo mondo sommerso – qui da noi le scuole statali sono 217, mentre quelle paritarie sfiorano quota quattrocento. Su scala nazionale, il rapporto è 74 per cento di scuole statali e 24 per cento paritarie”.

Prima tappa del viaggio Santa Maria Capua Vetere. Il primo incontro con l'insegnante di una elementare paritaria è un flop. “Niente macchina da presa, niente registratore, non vi dico neanche il mio nome – taglia corto – non voglio passare guai, io sto lì solo per accumulare punteggio. Altro non vi dico”. Il secondo appuntamento va meglio. Dopo molte insistenze la maestra accetta di parlare. “La telecamera va bene, ma io mi metto di spalle e dobbiamo togliere tutto quello che potrebbe far capire in che posto ci troviamo”. La tensione si scioglie e le prime verità vengono a galla. “Alla fine del mese ti danno il foglio stipendio legale, ma in realtà la tua paga non supera i 250 euro al mese, non hai orari né ferie e, se ti va male, ti paghi anche i contributi. L'unico mio obiettivo è incassare alla fine dell'anno i dodici punti che, assieme agli altri accumulati negli anni, mi permetteranno di fare un concorso nella scuola pubblica”.

Marta, nome di fantasia come tutti quelli che seguiranno, saluta: “Mi raccomando non fatemi passare guai”.
Si risale in macchina, il traffico è meno caotico perchè è ora di pranzo, obiettivo una trattoria di Capua. Ad attenderci il signor Roberto, un uomo sulla cinquantina, giacca e cravatta, sguardo preoccupato. Lo chef consiglia minestrone, pasta e fagioli, gnocchi alla sorrentina, vino rosso della casa. Il signor Roberto non è insegnante, lavora come contabile da molti anni in una scuola paritaria che dalla materna ti porta al liceo.
“Il corpo docente è di buon livello, ma il meccanismo è sempre lo stesso: buste paga ufficiali e retribuzioni in nero. Da noi, però, si pagano i contributi. I docenti più esperti e fedeli arrivano a prendere anche 700 euro al mese. Il padrone è un imprenditore che ha capito come la scuola può essere fonte di lauti guadagni. Da noi c'è il tempo pieno alle elementari e si applica il modulo delle tre maestre. I bambini entrano alle otto del mattino e escono alle cinque del pomeriggio. La retta non è esosa: 300 euro al mese, più l'iscrizione e la mensa. Le domande di iscrizione sono in continuo aumento. Poi abbiamo il recupero degli anni scolastici”.

Come funziona? Il signor Roberto vuota il sacco: “Molti degli studenti delle superiori vengono da altri comuni e alcuni da fuori regione. Il primo passaggio è il certificato di residenza dell'allievo, che deve soggiornare nel comune dove sta la scuola – spiega – ma non è difficile, abbiamo ottimi rapporti sia con il Comune che con la Provincia, come dire che non si nega un favore ad un amico. Lo studente in realtà è presente solo alcuni giorni a settimana, segue i corsi, recupera gli anni e alla fine arriva alla maturità. I prezzi variano da duemila a tremila euro l'anno, poi la tassa per l'esame finale. Più tardi ci si iscrive e più sale il prezzo”.

Signor Roberto, nelle scuole paritarie c'è la camorra? “La gente vuole stare tranquilla, non vuole guai. D'altro canto, basta avere un prestanome e tutto si risolve. Nessuno le dirà se c'è e dove sta la camorra. Qui ci conviviamo da anni e conosciamo anche il loro codice. Se rompi le scatole, per prima cosa ti trovi sotto casa un uomo che ti dice buongiorno, volta le spalle e se ne va – racconta Roberto –. Se continui, arriva a casa una telefonata anonima. Se insisti, ti sparisce la macchina ma spesso te la fanno ritrovare sotto casa dopo un paio di giorni. L'ultimo avviso consiste nel darti fuoco all'automobile. La gente non vuole guai”. La lunga chiaccherata si conclude con due caffè forti, neri, fatti con la macchinetta napoletana. Il signor Roberto esce prima e sparisce.

Di nuovo in macchina, destinazione la Camera del Lavoro di Aversa. Il traffico è ripreso, caotico, eppure nessuno mostra nervosismo anche quando due giovani in moto e senza casco ti tagliano la strada all'improvviso. “Qui c'è rassegnazione, ed è un veleno che uccide la società civile – dice Enrico Grillo –. La gente non parla, tutti sanno ma sono in pochi quelli che denunciano, intanto l'imprenditoria intelligente sta approfittando dell'agonia della scuola pubblica per aumentare il numero di studenti e ci sta riuscendo. Nella statale si tagliano le cattedre, il tempo pieno non esiste più ed è scontato che i genitori che lavorano fanno uno sforzo per mandare i loro figli in una scuola paritaria dove si fa anche quello che un tempo si chiamava doposcuola. Molte delle scuole paritarie pagano i docenti poche centinaia di euro, quindi i costi di esercizio sono molto bassi, poi hanno anche i contributi statali. In Campania sono più di 35 milioni di euro”. L'Ufficio scolastico regionale esegue i controlli periodici che è tenuto a fare per legge? “L'Ufficio è in condizioni disastrose – commenta Grillo – dovrebbe avere in organico trenta ispettori invece ce ne sono solo quindici per tutto il territorio regionale". E le poche volte che parte un ispettore da Napoli alla scuola arriva immancabilmente una telefonata che annuncia la visita.

Imprigionati nel traffico di Aversa, c'è la possibilità di dare uno sguardo intorno. Sul corso s'innalza un palazzo di sei piani, color sabbia, tre terrazzi per piano, segno evidente che si tratta di una costruzione destinata alla “civile abitazione”. Invece no. All'entrata un cartellone: liceo statale G. Siani. La scuola è dedicata al cronista del Mattino ucciso dalla camorra. Seconda sorpresa, il palazzo è “fittato”, come si dice da queste parti, da un privato alla Provincia per quattro milioni di euro l'anno.

Dopo quattro traverse appare la Camera del Lavoro. Lì dovrebbero aspettarci cinque insegnanti. L'appuntamento è per le 17. Si fanno le cinque e mezza ma non si vede nessuno. Poi nella stanza fa capolino una giovane. Appena vede la telecamera mostra segni di nervosismo. “Non voglio essere ripresa. Posso dirvi solo che ho lavorato in una scuola primaria, mi davano 250 euro al mese e facevo di tutto: badavo ai bambini, pulivo le classi, facevo anche la spesa per la direttrice. Una volta arrivò un ispettore ma noi giovani eravamo già uscite in strada. Ora lavoro in una scuola di suore e tutto va bene”. Poi arriva Arianna che accetta di farsi riprendere, ma di spalle. La sua storia è uguale a tutte le altre. “Sono sei anni che lavoro in quella scuola, non vedo l'ora di andarmene e con il punteggio accumulato fare un concorso nella scuola pubblica”.

Il ritorno a Caserta è faticoso: decine di camion che sfrecciano a tutta velocità, auto che viaggiano a fari spenti, mentre due elicotteri dei carabinieri volteggiano nel cielo scuro. “A quelli ci siamo abituati e nessuno ci fa caso”, commenta Enrico Grillo. Nessuno poteva immaginare che si trattava dei preparativi per la cattura di Michele Zagaria. Finalmente Caserta. All'orizzonte fari e luci illuminano a giorno il “Centro Campania”. “E' il centro commerciale più grande della Campania, sono riusciti a stravolgere il piano regolatore per costruire questi enormi viadotti che portano alla struttura. Qui ogni domenica si forma un ingorgo gigantesco, la gente viene anche dalle altre province”. Chi può aver investito tutti quei soldi? Tutti lo sanno ma nessuno pronuncia la parola che fa paura.
16 dicembre 2011

lunedì 19 dicembre 2011

Il nuovo governo sta facendo quello che non è riuscito a Berlusconi. Fermiamolo!


L'Arcivescovo di Granada: " Se la donna abortisce l'uomo può abusare di questa


Da "Paperblog"

Creato il 25 agosto 2011 da Glive
Siamo davvero arrivati alle comiche. La Chiesa perde fedeli giorno dopo giorno, è investita da scandali a livello mondiale come i preti pedofili ma ancora non si dà tregua con le dichiarazioni shock. A quanto riportato dal giornale online spagnolo elCorreoweb.es Javier Martínez, l'Arcivescovo di Granada, parlando a proposito della legge sull'aborto durante la sua omelia, la avrebbe paragonato al "Genocidio compiuto da Hitler" e avrebbe dichiarato:
“Matar a un niño indefenso, y que lo haga su propia madre, da a los varones la licencia absoluta, sin límites, de abusar del cuerpo de la mujer”

(Trad.: Uccidere un bambino indifeso, per mano della sua stessa madre, dà agli uomini il diritto, senza limitazioni, di abusare del corpo della donna).
Che belle parole, un uomo che dà il buon esempio; d'ora in poi, quindi, visto che in Italia l'aborto è consentito ormai da anni, per quest'uomo sarebbe lecito e legale anche lo stupro.E poi mi si chiede perchè per me sarebbe impossibile essere cattolico...
P.S. Notare che durante la dichiarazione NESSUNO dice una parola, neanche una donna si alza e manda a CAG**E quest'uomo; che vergogna.

domenica 18 dicembre 2011

Come si salva il mondo? Diventando vegetariani. Parola dell'astronoma Margherita Hack

Da "Leggo"
 Presentando il suo ultimo libro «Perchè sono vegetariana». La Hack, vegetariana dalla nascita, sottolinea come molti
grandi scienziati della storia, da Leonardo da Vinci a Darwin a Einstein, fossero vegetariani, e sfata alcuni dei pregiudizi su questa dieta: "In seconda elementare facevamo il tempo pieno - dice - e quando tiravo fuori il mio pasto a base d'insalata, uovo e formaggio, c'era la preoccupazione delle maestre per la mancanza di carne: come avrei fatto a crescere bene, forte e sana? Eppure sono arrivata a 89 anni in condizioni discrete di salute. A più di 80 anni, oltre alle domenicali partite di palla a volo con amici cinquantenni, ho girato in bicicletta buona parte del Friuli-Venezia Giulia, oltre a lunghe nuotate tutte le mattine d'estate. Tutto questo a dimostrazione che la mancanza di carne e pesce non ha certo indebolito il mio fisico".

Oltre che la salute umana, essere vegetariani può salvare anche quella del pianeta: "Pochi sanno - continua la Hack - che i quattro quinti della terra coltivata in tutto il pianeta sono usati per produrre foraggi per gli animali e solo un quinto per il consumo umano di cereali, frutta e verdura. Si calcola che in media occorrano dieci chili di grano e cereali vari per produrre mezzo chilo di carne. In un mondo come il nostro, in cui la popolazione umana è in continuo aumento bisognerebbe evitare questo enorme sperpero, riducendo drasticamente il consumo di carne. E poi anche noi, come tutti i viventi e tutto ciò che si trova sulla Terra, siamo il prodotto della morte di grandi stelle esplodenti, le supernove - spiega la scienziata -. Questa origine comune dovrebbe farci sentire come fratelli tutti gli esseri viventi, uomini e animali

venerdì 16 dicembre 2011

Perchè non copiare la Francia?


Di Stefano Miliani
15 dicembre 2011

Con 8,7 milioni di visitatori nell’ultimo calcolo annuale, il Louvre stacca tutti i musei del globo: il British Museum di Londra segue a 5,8 milioni,il Metropolitan di New York 5,2, la Tate Modern londinese a 5 milioni. Il sottosegretario ai Beni culturali Roberto Cecci puntualizza che confrontando gli ingressi con la superficie espositiva allora il primo museo al mondo diventa gli Uffizi con 1,5 milioni, ciononostante la casa della Gioconda parigina resta in testa, imbattibile, ed eccelle anche in quantità e qualità di servizi. Hervé Barbaret è l'amministratore del museo parigino e partecipa al convegno organizzato dall'associazione italiadecide presieduta da Luciano Violante, «Darevalore Averevalore»: nell'auletta presso la Camera a Roma si parla di come salvare i beni culturali e della possibile unione delle forze tra pubblico e privato Barbaret al convegno parla per oltre mezz’ora, segno che l’argomento gli preme. 

Il vostro bilancio? Quanto dà lo Stato?Abbiamo un budget totale di 200 milioni di euro di cui la metà viene dallo Stato, 50 milioni dai biglietti, gli altri 50 dai mecenati, dall’affittare spazi per eventi, poi dal ristorante, la libreria, la caffetteria. 

Qual è la chiave del vostro successo?È l’autonomia della gestione e dello staff dei dirigenti. 

I piccoli musei potrebbero reggere un’autonomia come la vostra?Con uno staff di almeno 100 persone possono essere autonomi, altrimenti è meglio che si uniscano più musei. È essenziale che ogni anno ci sia un rendiconto, anche per evitare che nasca una “mafia dei musei: i manager vanno controllati. 

A suo parere i privati possono gestire musei?Modelli americani come il Getty funzionano, ma il Louvre è pubblico e funziona meglio di musei gestiti interamente da fondazioni private. Adottiamo strategie di marketing come i privati, però il personale è tutto dello Stato perché il patrimonio artistico è troppo importante. Ma tenete conto che la Francia è generosa con chi investe in cultura: può detrarre dalle tasse il 60% della somma data e, nell’acquisto di opere importanti, perfino il 90% (in Italia si arriva al massimo al 19%, ndr). 

Con la cultura si mangia o no??Una ricerca della Sorbona dimostra come ogni euro investito in cultura ne generi 10 tra ricaduta sul turismo, servizi e commercio. La cultura significa crescita. 



Pasolini, Da "L Espresso"


IneditiCosì Pasolini previde l'Italia di B.Il consumismo che stava già provocando una mutazione antropologica. Il potere della tivù. Il sogno di diventare tutti miliardari. Lo scrittore ne parlò tre giorni prima di morire, a Stoccolma, In una conversazione ora avventurosamente ritrovata. Eccola(16 dicembre 2011)Il testo che presentiamo è la registrazione, recentemente e avventurosamente ritrovata e inedita in Italia, dell'incontro di Pier Paolo Pasolini, il 30 ottobre 1975 a Stoccolma, con un gruppo di critici cinematografici svedesi. Si comincia con un fuori onda, che serve come prova di microfono.

Cosa conosce del cinema svedese?
"Come tutti gli altri intellettuali italiani, conosco Bergman. Non conosco gli altri. Conosco i nomi ma non i film".

Mai visti?
"Mai. Perché a Roma è una città terribile. Ci sono cinema d'essai ma le occasione per vederli sono molto rare".

Non avete cinema d'essai?
"Ci sono uno o due cinema d'essai ma non è come a Parigi".

Signori e signore, il signor Pasolini è qui per presentare il suo nuovo film. Lo ha appena terminato, ed è un film su Sodoma...
"Penso che sia la prima volta che faccio un film di cui non ho avuto un'idea. Era stato proposto a Sergio Citti e come sempre l'ho aiutato a scrivere la sceneggiatura. Ma man mano che andavamo avanti , Citti amava sempre di meno il film e io l'amavo sempre di più e l'ho amato soprattutto nel momento in cui mi è venuta l'idea di ambientarlo nel '45, durante gli ultimi mesi della Repubblica di Salò. D'altra parte Citti ha pensato a un altro soggetto e allora ha abbandonato definitivamente il progetto. E poiché del progetto m'ero innamorato io, l'ho finito io. Questo film, essendo tratto da de Sade, è imperniato sulla rappresentazione del sesso. Ma la cosa è cambiata rispetto ai tre ultimi film, a quella che io chiamo la "trilogia della vita": Boccaccio ("Il Decameron", ndr.), "I racconti di Canterbury" e "Il fiore delle mille e una notte". In questo film il sesso non è altro che l'allegoria, la metafora della mercificazione dei corpi attuata dal potere. Penso che il consumismo manipoli e violenti i corpi né più né meno che il nazismo. Il mio film rappresenta questa coincidenza sinistra tra consumismo e nazismo. Ecco, non so se questo sarà capito dal pubblico perché il film si presenta in un modo enigmatico, quasi come una sacra rappresentazione, dove la parola sacra ha il senso latino anche di maledetta".

Perché ha scelto il 1945 per il film?
"Ho voluto rappresentare un mondo alla fine, non nel momento di maggior gloria. E' una ragione poetica. Avrei potuto ambientarlo nel '38, nel '39, nel '37, però sarebbe stato meno poetico".

Cosa c'è di poetico in quel periodo?
"Una decadenza, un crepuscolo sono di per se stessi poetici. Se io l'avessi ambientato nell'apogeo del nazismo, sarebbe stato un film intollerabile. Sapere che tutto questo avviene negli ultimi giorni, che poi tutto questo sarebbe finito, dà un senso di sollievo allo spettatore. In sostanza questo film è un film sulla vera anarchia, che sarebbe l'anarchia del potere".

Lei è un cineasta e un poeta. C'è una relazione fra questi due ruoli?
"C'è un'unità profonda fra le due cose per quel che mi riguarda. Sarebbe come se io fossi uno scrittore bilingue".

Qual è il titolo del film?
"Il titolo è "Salò", il nome di una città sul lago di Garda che era la capitale della Repubblica fascista. Ma è un titolo polivalente, c'è un'ambiguità: il titolo completo sarà "Salò o le 120 giornate di Sodoma". Ad ogni modo nel film non c'è nessuna ricostruzione storica dell'epoca, nessun rapporto veramente storico: non c'è nessun ritratto di Mussolini, non fanno mai il saluto fascista, non c'è niente di ricostruito. E' soltanto dato".

Come finanzia i suoi film? I suoi film in Italia hanno successo economico?
"Il finanziamento è quello normale, c'è un produttore".

Non ha problemi?
"Non ho problemi perché sono andati male commercialmente solo "Porcile" e "Medea". Tutti gli altri sono andati bene. "Accattone", l'importante è stato quello, non è andato benissimo ma abbastanza bene per un esordiente. E da allora non ho mai avuto problemi".

Lavora del tutto all'interno del sistema commerciale?
"Sì, completamente".

Questo vuol dire che è possibile fare film molto personali e anche molto poetici all'interno del sistema? Pier Paolo Pasolini

Marco Travaglio: la balla della settimana (Servizio Pubblico 7 - 15 dice...

giovedì 15 dicembre 2011

Strano, ma vero!



Andrej Pejic è diventato il volto di Hema
ma è amato anche dalle grandi firma della moda

Andrej Pejic in una campagna pubblicitaria Andrej Pejic in una campagna pubblicitaria
MILANO - Sì, lo sappiamo, è difficile da credere: questa avvenente bionda nella foto in realtà è un uomo. Per la precisione si tratta di Andrej Pejic. Eletto «modello più bello al mondo», il ventenne australiano di origine serbo-bosniaca, è l’ultima stella del firmamento della moda. I designer lo amano e le riviste di moda fanno a gara per averlo in copertina. Già, perchè l’androgino più famoso degli ultimi anni sfila sia in abiti femminili che maschili. Ora è stato ingaggiato per pubblicizzare persino dei reggiseni push-up. La filosofia della campagna pubblicitaria: «Se può funzionare su uomo, perchè no su una donna con poco seno».
PUSH UP - Come promuovere la nuova collezione di biancheria intima? Finora i vari brand della moda hanno fatto affidamento su modelle sexy e sensuali, giovani top con fisici perfetti. Non così per Hema. La catena di grandi magazzini olandese - nota soprattutto nei paesi del Nord Europa perchè vende qualsiasi tipo di categoria merceologica - ha ingaggiato un uomo come modello di intimo femminile. Alto quasi un metro e novanta, sottile come un giunco, Andrej giura che il suo corpo non è stato modificato dalla chirurgia e sottolinea di non essere gay. Sugli scatti della campagna Hema è immortalato con lunghi capelli biondi dentro eleganti vestiti con generoso décolleté. Il reggiseno (20 euro) - così promette la pubblicità - trasforma come per magia il giropetto in due misure più grandi. Una strategia intelligente: se il «reggiseno delle meraviglie» magnifica addirittura le «curve» di un uomo, allora deve per forza funzionare anche con tutte quelle donne, scontente delle loro forme.
VICTORIA’S SECRET - «È una cosa rivoluzionaria», ha detto il manager del ragazzo, Joseph Tenni, a “frockwriter” della blogger australiana di moda Patty Huntington. «Non conosco uomini che abbiano mai posato finora per una campagna di intimo femminile». Scoperto qualche anno fa da un talent scout mentre lavorava come cameriere in un fast food di Melbourne, il giovane è già salito sulle passerelle per presentare la collezione donna di Jean Paul Gaultier. Per Marc Jacobs, invece, ha indossato capi maschili. In una recente intervista al Telegraphconfessa di aver anche pensato di cambiare completamente sesso. Il motivo? «La voglia di sfilare almeno una volta per Victoria’s Secret».
Elmar Burchia